Il sistema IN•TEC

Il sistema IN•TEC per il risanamento non distruttivo No•Dig

Quando un pluviale incassato, una colonna di scarico o la braga di un water si rompono, l’intervento di riparazione comporta la demolizione di murature e talvolta di rivestimenti e pavimenti, con evidenti disagi. Ovviamente se i tubi interni agli edifici si potessero riparare senza eseguire demolizioni, sarebbe una vera rivoluzione. La notizia è che questa rivoluzione è in atto. Si tratta delle tecniche di risanamento non distruttivo delle tubazioni interne agli edifici.

Riparare senza demolire è un concetto che nel settore del risanamento delle tubazioni interrate delle infrastrutture urbane (come fognature, acquedotti, reti gas, ecc.) ha portato molti anni fa alla nascita delle tecnologie riabilitative no-dig. Se questo stesso concetto del non-scavo (no-dig) lo trasferiamo agli edifici, si parla allora di tecnologie riabilitative non distruttive, o più semplicemente di risanamento non distruttivo delle tubazioni interne agli edifici. La differenza è nelle caratteristiche peculiari che possiedono le tubazioni interne agli edifici, che sono quasi sempre di piccolo diametro (inferiore ai 150-200 mm) e con frequenti pezzi speciali (“T”, “Y”) e curve anche molto accentuate (45° o 90°). Nei fabbricati sono presenti complessi sistemi di tubazioni che possono richiedere interventi di risanamento.Pluviali, colonne di scarico e braghe del water possono essere riparati o portati a nuovo senza dover demolire murature, rivestimenti o pavimenti; il tutto in maniera rapida, senza alcun disagio per le persone, ed assai spesso con costi più bassi rispetto a quelli occorrenti operando con tecniche tradizionali. Tanto per fare un esempio: se consideriamo un classico pluviale incassato da 125 mm di diametro per 21 metri di altezza (un fabbricato di 6 piani), la sua completa messa a nuovo comporta, operando con tecniche tradizionali:

• lo scasso a tutt’altezza della muratura e con essa degli eventuali rivestimenti presenti, per una larghezza di circa 30 centimetri
• la rimozione della vecchia tubazione e quindi la messa in opera della nuova
• il ripristino della muratura, dei rivestimenti e di tutti gli attacchi preesistenti.
Se tutta l’operazione viene eseguita dall’interno dell’edificio saranno inevitabili i disagi conseguenti alle operazioni di demolizione, che generano polveri, rumore e la temporanea indisponibilità dei locali entro i quali si opera.

Se invece l’operazione viene eseguita dall’esterno, occorre montare un ponteggio a tutt’altezza che resta in loco per il tempo necessario all’esecuzione dell’intero intervento, tempo che assai difficilmente potrà essere inferiore ai 5-7 giorni lavorativi. Inoltre nel caso di ricorso al ponteggio esterno andrà prevista l’occupazione temporanea di suolo pubblico e naturalmente la messa in sicurezza del ponteggio, anche rispetto al rischio furti. Ne consegue un costo complessivo che, ai prezzi medi correnti (ad esempio quelli del listino della C.C.I.A.A. di Milano – 4° trimestre 2008), può variare, a seconda delle caratteristiche del fabbricato ed a seconda che si operi dall’interno o dall’esterno, dai 5.500 agli 8.000 Euro ed oltre, con un prezzo unitario che oscilla tra i 260 ed i 380 Euro per metro lineare.

Nelle stesse condizioni il risanamento non distruttivo del medesimo pluviale oltre ad avere un costo significativamente inferiore (circa 200 Euro per metro lineare – ovvero dal 25% al 40% in meno), si effettua entro l’arco di una sola giornata, senza alcun bisogno di montare ponteggi, senza impegnare gli spazi interni dell’edificio ma soprattutto senza demolizioni, quindi niente polveri, niente rumori, e nessun disagio per le persone. Queste stesse valutazioni possono essere ripetute nel caso di colonne verticali di scarico dell’impianto fognario interno all’edificio, o addirittura all’intero sistema colonna-braghe dei water.

IL RISANAMENTO DI PLUVIALI E TUBI DI SCARICO ACQUE NERE

Figura 5 – La riparazione della braga di un water eseguita mediante tecnica tradizionale, con le usuali ed indesiderabili demolizioni (foto di Renato D’Apuzzo)Ma vediamo come si realizza un intervento di risanamento non distruttivo. Esso consiste consiste sostanzialmente nel costruire in sito un nuovo tubo, secondo la collaudata metodologia del Cured In Place Pipe (CIPP), in stretta aderenza alle pareti interne del vecchio tubo da risanare; questo nuovo tubo, una volta costruito, è perfettamente in grado di assolvere a tutte le funzioni idrauliche, meccaniche e di resistenza chimica a cui il vecchio tubo era destinato. Per far questo il nuovo tubo arriva in cantiere sotto forma di tubolare flessibile costruito con del leggerissimo feltro o tessuto poliestere, impermeabilizzato con uno strato plastico sulla superficie esterna, ed internamente impregnato a rifiuto con resina epossidica o di altra natura a seconda della destinazione finale. Questo tubolare viene chiamato tecnicamente liner. Con la resina ancora in stato fluido, il liner si presenta estremamente flessibile in modo da poter essere facilmente inserito all’interno del vecchio tubo. Poichè nella fase di inserimento è necessario che la superficie del liner impregnata di resina si venga a trovare all’esterno (cioè in contatto con le pareti interne del vecchio tubo da risanare), si procede alla così detta manovra di inversione, mentre contemporaneamente il liner viene gonfiato all’interno del vecchio tubo. Per eseguire l’inversione si utilizza un’attrezzatura ad aria molto compatta che viene chiamata estroflessore. L’estroflessore non è altro che un magazzino a tenuta d’aria a forma di chiocciola all’interno del quale viene avvolto il liner preventivamente impregnato con la resina. Quando il liner, per effetto dell’aria in pressione, viene mano a mano espulso attraverso la bocca dell’estroflessore, nell’uscire, grazie al modo in cui l’estremità libera del tubolare viene collegata alla bocca dell’estroflessore, si rigira gonfiandosi d’aria all’interno del vecchio tubo.

prova

Mantenendo in pressione l’estroflessore, tutto il liner viene rigirato ed espulso sino a quando non risulta conpletamente inserito nel vecchio tubo. Tutta questa operazione avviene in poche decine di minutipoiché il gonfiaggio e quindi l’avanzamento del liner nel vecchio tubo, avviene con velocità nell’ordine dei 2-4 metri al minuto. Quando si utilizzano resine epossidiche così dette “ambient curing” (cioè ad indurimento a temperatura ambiente), terminato l’inserimento, dopo un tempo che, a seconda della formulazione, può variare da 1 a 3 ore, ha inizio la fase di indurimento della resina, senza alcuna emissione nociva.
Nel giro di 2 o 3 ore la resina raggiunge la completa polimerizzazione, ed il tubolare flessibile è diventato un nuovo tubo rigido, dello spessore di pochi millimetri (da 3 a 6, a seconda delle condizioni del vecchio tubo), geometricamente aderente alle pareti del vecchio tubo, perfettamente impermeabile e resistente sia dal punto di vista meccanico che chimico.
In altre applicazioni, diverse dal risanamento di pluviali o colonne e braghe di scarico, può rendersi necessario il ricorso ad altri tipi di resine che richiedono, affinché avvenga l’indurimento, la somministrazione di calore mediante ricircolo di vapore surriscaldato o aria calda secca.

Con queste tecniche il vecchio tubo da risanare, nel quale possono esserci buchi e lesioni anche importanti, funge sostanzialmente da cassero a perdere, ed alla fine del trattamento tutti i buchi e le lesioni eventualmente presenti risultano perfettamente sigillati.
Specie nei pluviali e nelle tubazioni di scarico, se nel vecchio tubo sono presenti curve, anche a 90°, il liner durante la fase di inserimento e grazie alla sua estrema flessibilità, segue perfettamente queste curve. Se invece sono presenti pezzi speciali (come ad esempio delle “Y” o delle “T”) il liner viene realizzato con più rami, in modo che, attraverso un’operazione di inserimento leggermente più complessa, esso possa seguire perfettamente anche geometrie del vecchio condotto a più rami. È infatti grazie a questa speciale tecnica che è stato possibile per le Grandi Stazioni Spa risanare in modalità non distruttiva i pluviali da “Y” della grande Stazione Centrale di Milano. L’intervento, eseguito dall’italiana IN.TEC. di Segrate (che dal 1992 detiene il brevetto relativo a questa specifica tecnica), ha permesso sinora il risanamento non distruttivo di quasi 4 chilometri di pluviali, senza che le centinaia di migliaia di viaggiatori, che ogni anno transitano per questa stazione ferroviaria, si siano mai accorti che fossero in corso dei lavori di simile entità.

Tutte le operazioni sono state infatti eseguite operando dalla copertura della stazione, senza demolire i tubi preesistenti.
La stessa tecnica con liner che prevedono sino a tre diramazioni nello stesso tronco, viene utilizzata per il risanamento, in una sola operazione, delle colonne verticali di scarico che presentino sino a tre innesti (braghe) di altrettanti water.

Nel caso in cui i problemi siano concentrati solo sulla colonna verticale e non si voglia quindi ricorrere ad una tecnica così sofisticata, si può operare il risanamento della sola colonna verticale, procedendo immediatamente dopo alla riapertura degli innesti laterali (una volta che il liner è perfettamente indurito) mediante un macchinario molto compatto denominato fast-cutter. Grazie al fatto che il vecchio tubo funge solamente da cassero, senza di subire modificazioni esterne né manomissioni di alcun genere, questa tecnica può essere convenientemente utilizzata anche nel risanamento di pluviali collocati esternamente alle pareti di un fabbricato. È il caso, ad esempio, di fabbricati storici nei quali i pluviali, benché ammalorati, possiedono una certa valenza architettonica o storica che va necessariamente preservata, o anche in quei casi in cui si preferisce evitare il ricorso a ponteggi o autoscale.

a) il liner non ancora impregnato viene steso fuori terra e preparato alla fase di impregnazioneb) la resina epossidica viene versata all’interno del liner dal quale è stata aspirata tutta l’aria con una pompa a vuoto

Ma il ricorso al risanamento non distruttivo può essere giustificato anche per evitare la manomissione di rivestimenti o decori presenti sulle pareti interne degli ambienti, quando ad esempio tali rivestimenti o decori siano di particolare valore o pregio. E di esempi realizzativi di questo genere, realizzati in Italia negli ultimi quindici anni, ve ne sono a centinaia.
Figura 9 – Il liner una volta inserito va ad aderire perfettamente alle pareti del tubo ospite, ed indurendo va a costituire un nuovo tubo all’interno del preesistente.Ma il ricorso a questa tecnica avviene ormai quotidianamente per il ripristino di pluviali e colonne di scarico in fabbricati ordinari, anche se, va sottolineato, la diffusione di questa tecnologia è certamente maggiore nei paesi d’oltralpe.
Tutte le operazioni sin qui descritte, sia per pluviali che per tubi di scarico, si svolgono ovviamente dopo aver eseguito un’accurata indagine visiva mediante micro telecamere teleguidate, ricorrendo talvolta all’impiego di specifici strumenti laser per le misurazioni interne al vecchio tubo da risanare e procedendo preliminarmente, quando possibile, ad una accurata pulizia del vecchio tubo, il cui scopo è quello di eliminare incrostazioni, occlusioni e restringimenti di sezione, in modo da restituire, a fine trattamento, un nuovo tubo avente caratteristiche spesso migliori di quelle del tubo originario. Quanto alla durata di questo tipo di tubazioni, le normative attualmente presenti, come ad esempio la UNI EN 13566-4:2005 o la ASTM 1216:2008, che si applicano nel risanamento dei condotti di sistemi urbani (fognario, acquedottistico, gas), indicano non meno di 50 anni.

BONIFICA DEI CONDOTTI AERAULICI (ARIA CONDIZIONATA)

Anche per i condotti dell’aria condizionata, impianto di cui sono dotati soprattutto gli edifici entro i quali si svolgono attività con presenza di pubblico (esercizi commerciali, banche, ospedali, uffici pubblici, scuole, supermercati, ecc.) oppure attività lavorative in genere (uffici privati, opifici, ecc.), esistono delle tecniche di risanamento non distruttivo, che sono finalizzate soprattutto alla bonifica di questi condotti a scopo antibatterico ed antifungino, piuttosto che alla loro riparazione meccanica o idraulica. Va sottolineato anche che l’approccio a questo genere di problematiche è stato fondato sinora, quasi esclusivamente, sulla realizzazione di interventi così detti di sanificazione, che consistono nella rimozione mediante spazzolatura e successiva aspirazione delle polveri depositatesi nei condotti aeraulici, e nella successiva applicazione di un disinfettante. Si tratta di interventi di efficacia assai limitata nel tempo. Per bonifica antibatterica ed antifungina si intende invece un trattamento la cui efficacia si mantiene a lungo nel tempo (da 5 a 10 anni).
Nei condotti dell’aria condizionata tendono a formarsi funghi (come l’aspergillus) e colonie di batteri patogeni (come la legionella) che risultano particolarmente pericolosi poiché, attraverso il flusso d’aria, le spore o i batteri possono essere respirati dall’uomo, con un rischio di malattie come l’aspergillosi o la legionellosi. Specie in quegli edifici dove c’è presenza stabile di addetti ed impiegati (come le banche, gli uffici pubblici, le scuole, ecc.) la bonifica dei condotti dell’aria condizionata costituisce un presidio sanitario fondamentale nella prevenzione di malattie anche gravi, e dovrebbe essere considerato un trattamento da eseguirsi con cadenza almeno decennale e ancor meglio quinquennale. Negli ospedali le problematiche derivanti dalla presenza di funghi e batteri nei condotti dell’aria condizionata, si manifestano con un grado di pericolosità in più, dal momento che i soggetti maggiormente esposti (i malati in degenza) quasi sempre presentano bassi livelli di resistenza del proprio sistema immunitario, proprio a causa delle patologie che li costringono in ospedale.

Non è quindi un caso che questa tecnica sia stata sperimentata, negli ultimi 10 anni, soprattutto negli ospedali, proprio per ridurre il tasso di mortalità riconducibile alle patologie indotte da funghi e batteri presenti nei condotti dell’aria condizionata.
La bonifica avviene con una tecnica così detta di “coating” che consiste nell’applicazione a spruzzo, mediante un sistema teleguidato all’interno del condotto, di una resina di speciale formulazione alla quale è stato aggiunto un agente antibatterico ed antifungino, che rimanendo inglobato nella resina impedisce, nel corso degli anni successivi all’applicazione, l’insediamento degli agenti patogeni.

Questa tecnica di risanamento non distruttivo dei condotti per l’aria condizionata viene chiamata sinteticamente “coating antibatterico”. La speciale formulazione della resina fungo-battericida, ha permesso di ottenere, in applicazioni eseguite in grandi ospedali italiani (come il San Raffaele di Milano o il Sant’Or-sola di Brescia, solo per citarne alcuni), un effetto antibatterico ed antifungino che, come dimostrano i documenti ufficiali, anche a distanza di dieci anni dal trattamento, continua ad essere efficace, rendendo del tutto assente la presenza di batteri e funghi patogeni in questi condotti.
Tutte le operazioni sin qui descritte avvengono, come per i pluviali o le tubazioni di scarico, senza alcuna demolizione, operando semplicemente dalle griglie di servizio o dagli accessi già presenti verso i condotti aeraulici.
L’efficacia del coating antibatterico rispetto ad tecniche tradizionali di sanificazione è legata al fatto che il rivestimento in resina fungo-battericida che si applica nel coating antibatterico rispetto a tecniche tradizionali di sanificazione è legata al fatto che il rivestimento in resina fungo-battericida, che si applica nel coating antibatterico, aderisce alle pareti delle tubazioni, inibendo lo sviluppo di funghi e batteri, con continuità nel tempo, proprio laddove questi agenti patogeni trovano terreno di sviluppo fertile, ovvero le pareti del condotto. Al contrario con i trattamenti tradizionali qualsiasi sostanza, anche in forma di aerosol, semplicemente dispersa nel flusso d’aria e con esso trasportata, per ragioni idrodinamiche va a depositarsi scarsamente sulle pareti dei condotti, specie nei tratti rettilinei, concentrandosi invece nelle curve e delle bocche di uscita. Questo spiega perché certi trattamenti risultino efficaci solo nel breve periodo.
Va infine sottolineato come questa tecnologia sia ancora una volta italiana essendo stata brevettata nel 1997 ancora una volta dalla IN.TEC. di Segrate (MI).

CONCLUSIONI

La panoramica che è stata offerta in queste pagine traccia un quadro certamente innovativo nel campo degli interventi di risanamento delle tubazioni interne agli edifici, o se vogliamo del no-dig in verticale.
Se fino ad oggi questo genere di interventi è risultato essere gravoso e costoso, con le attuali tecniche di risanamento non distruttivo tutti questi problemi appaiono efficacemente superati. Già da oggi quindi, grazie a queste tecniche, rompere per riparare una tubazione interna ad un edificio risulterà sempre meno necessario, perché sarà possibile riparare e basta.

L’autore: Renzo Chirulli.
Ingegnere, si occupa dal 1994 di sviluppo ed applicazioni di tecnologie no-dig. Oltre a ricoprire diversi incarichi in aziende del settore, collabora con enti gestori ed imprese nelle attività di progettazione e realizzazione di interventi di tipo no-dig.
Autore prolifico, ha all’attivo decine di articoli, pubblicazioni e libri, sia nazionali che internazionali, su questa materia.

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